Il significato e la direzione di un cammino
Pubblichiamo ampi stralci dell'omelia che il cardinale arcivescovo di Milano tiene oggi, martedì 28, in occasione della memoria liturgica di sant'Agostino, nella basilica di San Pietro in Ciel d'Oro a Pavia, dov'è venerato il corpo del santo vescovo di Ippona.
di Angelo Scola
«TrovandoTi, non si stancò mai di cercarTi»: così la preghiera del prefazio sintetizza la fisionomia di tutta l'esistenza di sant'Agostino. L'affermazione illumina il tema agostiniano per eccellenza: l'inquietum cor di cui egli stesso ci parla nell'incipit delle Confessioni. Non deve sfuggirci il punto di partenza di Agostino: «TrovandoTi». L'ha trovato. Perché allora continua a cercarLo senza sosta? Perché Dio non si può afferrare: «Si comprehendis non est Deus» (Discorso 52, 16). Anche se ci metti tutte le tue forze, quando pensi di averlo “com-preso” -- afferma santi'Agostino -- sappi che non è Dio.
Ma quel «trovandoTi» dice molto di più. Dice che la certezza, non il dubbio, è condizione per la ricerca fruttuosa. Come la certezza dell'ipotesi è condizione necessaria per la ricerca dell'uomo di scienza, così la certezza della fede mette in moto e sviluppa la conoscenza di Dio e, attraverso di Lui, di tutta la realtà.
Tra pochi giorni inizieremo l'Anno della fede, proclamato da Papa Benedetto con il motu proprio Porta fidei. «Io sono la porta» (Giovanni, 10, 7) afferma, inequivocabile e perentorio, Gesù il Buon Pastore. E, commentando un passaggio successivo dello stesso vangelo di Giovanni, Agostino scrive: «Tu cerchi la via? Ascolta il Signore che ti dice in primo luogo: Io sono la via. Prima di dirti dove devi andare, ha premesso per dove devi passare: “Io sono”, disse “la via”! La via per arrivare dove? Alla verità e alla vita».
Carissime sorelle, carissimi fratelli pavesi, anche per il grande privilegio di conservare, per il bene della Chiesa universale e di tutta l'umanità, l'urna di sant'Agostino, siete chiamati in questo anno straordinario a riscoprire, personalmente e comunitariamente, che la fede è rinascita dell'io nel grembo del noi. Infatti la fede cristiana è personale perché è comunitaria, ma la comunità è veramente tale solo se fa fiorire la persona.
La prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, descrive i quattro pilastri portanti della vita di comunità. L'educazione al pensiero di Cristo: «[i cristiani erano] perseveranti nell'insegnamento degli apostoli»; la tensione alla vita come comunione: «Stavano insieme e avevano ogni cosa in comune»; «erano perseveranti insieme nel tempio e spezzando il pane»: Eucaristia e preghiera; e la missione: «intanto il Signore aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati». Le comunità cristiane di ogni tipo (parrocchie, religiosi, associazioni, movimenti) sono chiamate a manifestare espressamente questa loro peculiare fisionomia. Solo così diventano missionarie.
La seconda lettura, una sorta di testamento spirituale scritto da Paolo vedendo approssimarsi il martirio, gronda di intensissima affezione: «Mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia» (2 Timoteo, 1, 4). La fede appare qui davvero come la pienezza dell'umano.
Paolo ci dice inoltre il metodo della trasmissione della fede: una catena di testimoni. «Mi ricordo infatti della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce». Noi diventiamo testimoni incontrando altri testimoni. Il grande Agostino non ci sarebbe senza Ambrogio, senza Simpliciano…
Riuniti qui alla presenza dell'urna del grande vescovo e padre della Chiesa siamo provocati a dare contenuto alla nostra testimonianza: generare alla fede! È il compito dell'educazione. Dell'educazione permanente, insostituibile, oggi più che mai. In particolare l'educazione è ciò di cui ha fame e sete la gioventù di oggi. Spesso i giovani non lo lasciano trasparire ma, se li si ascolta, dietro le loro parole e i loro silenzi, i loro comportamenti magari trasgressivi sono mossi da una irresistibile domanda di senso, che è sempre, a un tempo, domanda di significato e di direzione di cammino. Generare alla fede è responsabilità primaria della Chiesa, cioè dei fedeli adulti, in particolare dei genitori, dei nonni e degli educatori.
Sant'Agostino, parlando del tempo del tramonto dell'impero romano in cui era stato chiamato a vivere, usò l'espressione «vecchiaia del mondo». Nella vecchiaia, diceva, i malanni abbondano: tosse, catarro, cisposità, ansietà, sfinimento. «Ma -- ha detto Benedetto XVI il 16 gennaio 2008 in una delle sue memorabili udienze generali dedicate al santo -- se il mondo invecchia, Cristo è perpetuamente giovane. Da qui l'invito: “Non rifiutare di ringiovanire unito a Cristo, anche nel mondo vecchio. Egli ti dice: Non temere, la tua gioventù si rinnoverà come quella dell'aquila” (cfr. Sermoni 81, 8)».
Il travaglio del passaggio al terzo millennio, entro il quale soltanto si può adeguatamente comprendere la crisi economico-finanziaria e politica che stiamo attraversando, domanda questa giovinezza creativa della mente e del cuore che non ha età ma “assicura” la persona, la comunità, l'umana città.
È molto significativo che per accedere all'urna del santo la vostra tradizione richieda l'intervento simultaneo di quattro istituzioni che ne possiedono le chiavi: il vescovo, il sindaco, la comunità agostiniana e il capitolo della cattedrale. Questo singolare atto comunitario ha una carica simbolica assai attuale. Dice la necessità della concordia. Esprime bene quel «concorso dei cuori» che nella Chiesa si chiama comunione e che nella società civile già Aristotele chiamava filìa, cioè amicizia civica, condizione essenziale per il buon governo.
Pavia, nelle cui Università e collegi si sono formate tante nobili personalità, guardando con cuore rinnovato al “suo” grande santo, sarà luce per tutta la società italiana, e non solo.
(©L'Osservatore Romano 29 agosto 2012)
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