sabato 28 luglio 2012

Benedetto XVI: i carcerati siano trattati con giustizia, sia rispettata la loro dignità umana


Benedetto XVI: i carcerati siano trattati con giustizia, sia rispettata la loro dignità umana


Il Papa chiede di pregare “perché i carcerati siano trattati con giustizia e venga rispettata la loro dignità umana”: è l’esortazione di Benedetto XVI nella sua intenzione di preghiera per il mese di agosto. Ce ne parla Sergio Centofanti. 


Nel mondo i detenuti sono circa 10 milioni, la metà dei quali si trovano in appena tre Paesi: Stati Uniti (24% circa del totale), Cina (17%) e Russia (9%). Il Papa prega ogni giorno per i carcerati: in loro si identifica Gesù stesso, come ha detto lo scorso dicembre durante la visita nel carcere romano di Rebibbia, e nel Giudizio finale – ha ricordato - ci sarà una domanda sull'attenzione rivolta ai prigionieri:


“Sono venuto per dirvi semplicemente che Dio vi ama di un amore infinito, e siete sempre figli di Dio. E lo stesso Unigenito Figlio di Dio, il Signore Gesù, ha fatto l’esperienza del carcere, è stato sottoposto a un giudizio davanti a un tribunale e ha subito la più feroce condanna alla pena capitale”.


Benedetto XVI afferma che la giustizia deve essere animata dall'amore e parla della funzione rieducatrice della pena; quindi chiede rispetto e dignità per i detenuti. In Italia le persone dietro le sbarre sono circa 67mila, ma le carceri potrebbero accoglierne non più di 45mila:


“So che il sovraffollamento e il degrado delle carceri possono rendere ancora più amara la detenzione: mi sono giunte varie lettere di detenuti che lo sottolineano. E’ importante che le istituzioni promuovano un’attenta analisi della situazione carceraria oggi, verifichino le strutture, i mezzi, il personale, in modo che i detenuti non scontino mai una 'doppia pena'; ed è importante promuovere uno sviluppo del sistema carcerario, che, pur nel rispetto della giustizia, sia sempre più adeguato alle esigenze della persona umana, con il ricorso anche alle pene non detentive o a modalità diverse di detenzione”. 


Sincero e intenso il dialogo del Papa con i detenuti di Rebibbia:


D. – “Santità, sono Federico. Siamo assenti dalle nostre famiglie, ma non dalla vita, siamo caduti e nelle nostre cadute abbiamo fatto del male ad altri, ma ci stiamo rialzando. Troppo poco si parla di noi, spesso in modo così feroce come a volerci eliminare dalla società. Questo ci fa sentire sub-umani. Lei è il Papa di tutti e noi la preghiamo di fare in modo che non ci venga strappata la dignità, insieme alla libertà. Perché non sia più dato per scontato che recluso voglia dire escluso per sempre. La sua presenza è per noi un onore grandissimo!” 


R. - “Mi hai detto parole veramente memorabili: siamo caduti, ma siamo qui per rialzarci. Questo è importante, questo coraggio di rialzarsi, di andare avanti con l’aiuto del Signore e con l’aiuto di tutti gli amici. Lei ha anche detto che si parla in modo ‘feroce’ di voi. Purtroppo è vero, ma vorrei dire che non c’è solo questo, ci sono anche altri che parlano bene di voi e pensano bene di voi. Io penso alla mia piccola famiglia papale; sono circondato da quattro ‘suore laiche’ e parliamo spesso di questo problema; loro hanno amici in diverse carceri, riceviamo anche doni da loro e diamo da parte nostra dei doni. Quindi questa realtà è presente in modo molto positivo nella mia famiglia e penso che lo sia in tante altre. Dobbiamo sopportare che alcuni parlino in modo ‘feroce’, parlano in modo ‘feroce’ anche contro il Papa, e, tuttavia, andiamo avanti ... Il Signore vi aiuterà e noi siamo vicini a voi”.


Il Papa eleva a Dio la sua preghiera per tutti i carcerati del mondo, anche per quelli che non credono di essere prigionieri:


“Chiediamogli nel silenzio e nella preghiera di essere tutti liberati dalla prigionia del peccato, della superbia e dell’orgoglio: ciascuno infatti ha bisogno di uscire da questo carcere interiore per essere veramente libero dal male, dalle angosce e dalla morte”.


© Copyright Radio Vaticana

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