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mercoledì 30 maggio 2012
Milano. Il cardinale Ravasi apre l'Incontro mondiale delle famiglie: fate entrare Dio nelle vostre case. Don Violoni: da Milano proposte concrete di sostegno a genitori e figli (R.V.)
Milano. Il cardinale Ravasi apre l'Incontro mondiale delle famiglie: fate entrare Dio nelle vostre case
La famiglia può avere le stanze della propria casa piene di gioia o afflitte dal dolore, ma è solo con Dio che può avere la speranza. E’ il messaggio che il cardinale Gianfranco Ravasi ha affidato alle migliaia di persone che questa mattina, a Milano, hanno ascoltato la sua relazione in apertura del settimo Incontro mondiale delle famiglie. I lavori della Conferenza introduttiva – incentrata sul rapporto della famiglia con il tempo del lavoro e della festa – proseguiranno fino a venerdì prossimo, quando a Milano giungerà Benedetto XVI per gli eventi conclusivi del raduno. Da Milano, la cronaca della mattina nel servizio dell’inviato, Alessandro De Carolis:
La prima scena che cattura lo sguardo come una sorta di titolo d’inizio sono i bambini. Ospiti di norma inesistenti – se non in parti “invisibili” – dei convegni che vedono ospiti relatori di grande prestigio accademico, qui, nella grande struttura di Fieramilanocity, sono centinaia e vivacissimi già dal primo mattino e pronti a vivere a modo loro questi giorni del raduno mondiale delle famiglie. Colori della pelle e taglio d’occhi sono diversi, gli schiamazzi dei giochi e delle risate invece universali e sono il segno che la Conferenza inaugurata a Milano ha qualcosa di diverso. Diverso il colpo d’occhio al piano di sopra, nella grande sala da 4 mila posti – gremita per due terzi e più - dove siedono i genitori e dove verso le 10 il cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola e il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia, aprono ufficialmente il settimo Incontro mondiale.
Primo tra i 111 relatori di 27 Paesi che da oggi a venerdì affronteranno le cento e più facce che compongono il prisma della famiglia è il cardinale Gianfranco Ravasi, il quale esplora – con la consueta profondità di pensiero e cultura, spaziando dalla Genesi al Talmud, dal Vangelo ai pensatori protestanti – il “simbolo” per eccellenza di una famiglia: la casa. Le sue fondamenta – dice in avvio - sono rappresentate dalla coppia, con la sua spinta dei coniugi a fondere le proprie vite, con amore e passione, fino a essere una sola carne: “sola” come meravigliosamente lo è la carne di un figlio. Quindi il porporato passa a osservare le “pareti”della casa, cioè i figli, la fecondità di una famiglia, dove i genitori, con la capacità di dare vita, più si avvicinano a Dio, il Creatore di ogni vita. Dalla visione della casa a quella delle sue “stanze”, il cardinale Ravasi individua la “stanza del dolore” – ovvero dei drammi che talvolta investono una famiglia - la stanza del “lavoro”, che oggi – ha osservato – “è adiacente” a quella del dolore per via della crisi, per approdare infine alla terza stanza, anch’essa oggetto di riflessione della Conferenza, quella della “festa”. “L’uomo è la donna – considera – sono creati il sesto giorno”, giorno dell’imperfezione nella Bibbia, che però è seguito dal settimo, il giorno del “riposo di Dio”, dove l’uomo celebra la festa, il culto. Il suo auspicio conclusivo è questo: rimanere affacciati alla finestra che dà sulla casa di Dio per entrare in quella dimensione divina che permette all’uomo di non restare “incapsulato nel sesto giorno”.
Nella seconda parte della mattina, il microfono passa al prof. Luigi Bruni, docente di economia politica all’Università di Milano-Bicocca, che indaga sul rapporto tra lavoro e festa nel mondo contemporaneo. Uno degli aspetti maggiormente approfonditi è quello della “gratuità”, che stride – ha asserito – nelle società fondate sul consumo. Gratuità – sostenuto con toni pacati ma critici – che il mondo del business confonde con una propensione all’indigenza, o peggio considera una sorta di debolezza da sfruttare. Viceversa, scandisce, la gratuità è quel valore che esprime il senso nel dono nel mondo del lavor: mondo pieno di sperequazioni e ingiustizie che, ha affermato, “remunera con stipendi milionari” manager del settore privato e pubblico, lasciando compensi minimi a chi si occupa del massimo, l’educazione e la formazione dei bambini, famiglie e scuole. Due secoli di capitalismo, insiste il prof. Bruni, hanno costruito un “sistema di ricompense” incapace di riconoscere il valore del dono nel lavoro: quello ad esempio che si traduce in passione e creatività da parte del dipendente e di cui l’azienda si giova, se c’è, ma che l’azienda non può comprare per contratto e della cui mancanza, oggi frequente, paga le conseguenze.
In questo scenario, la cultura capitalistica finisce per non capire nemmeno il senso della festa, che per natura nasce dalla gratuità dei rapporti umani. “Grave errore”, opina il prof. Bruni, si configura allora la volontà manifestata da alcuni governi di voler “tagliare i tempi della festa” in tempi di crisi del lavoro. Il mondo, dice ancora, patisce anzi una “indigenza di festa”: rinunciare a essa vuol dire in sostanza “rinunciare ai tempi della famiglia e della vita”. Molti applausi accompagnano le conclusioni del prof. Bruni, quando esorta a tutelare i figli dagli eccessi dell’avere tutto e subito: sono “troppo preziosi – ricorda – per lasciarli in mano ai mercanti del consumo”. O quando invita a non confondere i tempi sani della festa della famiglia con quelli malsani del gioco d’azzardo, delle scommesse, pessima imitazione di una possibile festa. Senza sobrietà – senza cioè quell’essere “un po’ poveri” di qualcosa in modo equilibrato – da un lato – ribadisce il prof. Bruni – si ruba l’infanzia ai bambini pasciuti di tutto e incapaci di sorprendersi, dall’altro la dimensione interiore dell’uomo finisce per essere riempita da “merci” e non da idealità. Le uniche, termina, dalle quali nasce invece la forza dell’individuo per continuare a vivere e della coesione sociale che migliora la società, a partire dalle famiglie.
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Incontro famiglie. Don Violoni: da Milano proposte concrete di sostegno a genitori e figli
Nel pomeriggio, alla Fieramilanocity, verrà presentata una ricerca di taglio sociologico sul mondo della famiglia, specie italiana, commissionata dal competente dicastero vaticano e con una letture dei dati statistici annunciate come innovative. Intanto, nella Chiesa ambrosiana e nelle diocesi lombarde è tutto un fervere di attività come racconta don Luca Violoni, segretario della Fondazione Milano Famiglie 2012, al microfono di Antonella Palermo:
R. – Abbiamo riscontrato una grande collaborazione da parte del mondo ecclesiale, ma anche da parte delle istituzioni civili, in particolare il Comune, la Provincia e la Regione e tutte le realtà connesse, proprio perché un po’ c’è questo spirito “ambrosiano” – potremmo dire – che è sempre molto fattivo e molto costruttivo. E poi anche perché si sta percependo che è un evento davvero unico. Quindi è veramente un qualcosa di speciale. Poi, devo dire, che forse anche il fatto che siamo in prossimità dell’Expo, rende il mondo civile particolarmente “avvertito” rispetto al fatto che ci sarà un evento di massa in città. E rispetto al mondo ecclesiale, devo dire che la situazione di sfida che stiamo vivendo rende questo incontro estremamente attento, estremamente pronto, anche di più di quello che sarebbe normalmente. Per cui, per questa somma di motivi c’è un grande interesse. Senza negare che siamo, però, in un momento molto delicato che tutti sappiamo, quindi anche con le difficoltà connesse.
D. – Proprio sui temi della crisi, che sono in agenda in diversi dei dibattiti in programma in questo Incontro, secondo Lei potranno venir fuori delle proposte concrete anche da sottoporre ai “livelli alti” delle istituzioni politiche?
R. – Io penso che verranno fuori alcuni messaggi molto importanti che toccano anche le politiche familiari, partendo certo da un quadro che è anche teologico, ma che vanno poi a raggiungere le politiche familiari. Ci sono anche delle ricerche che abbiamo preparato e che presenteremo e che danno un ulteriore supporto a questo. Quindi sicuramente verranno fuori delle indicazioni importanti. Per cui questo Incontro, di fatto – anche se non era stato pensato così – viene ad essere un incontro che dà un contributo importante anche lungo il tragitto della crisi.
D. – Come può valutare la disponibilità all’accoglienza da parte della diocesi di Milano?
R. – E’ stata veramente importante, perché alla fine abbiamo avuto la disponibilità di posti per oltre 33mila persone durante tutta la settimana, con un picco per sabato notte. Abbiamo avuto una disponibilità molto pronta da tutte le parrocchie e dalle realtà civili. C’è davvero una disponibilità concreta. Molte famiglie hanno anche discusso, al loro interno, su cosa significa accogliere ed è stato utile anche a loro fare questo tragitto.
D. – Che città troverà il Papa al suo arrivo a Milano? Una città in crisi, una città frenetica, una città in prevalenza di famiglie mononucleari, una città integrata dal punto di vista sociale? Può farci una “fotografia” per quanto possibile?
R. – Sicuramente troverà una città che è molto interessata e molto attenta riguardo a questa visita e quindi c’è un clima di reale attenzione ed anche di trepidazione. E’ una città, però, in cui ci sono 190mila persone che vivono da sole o per ragioni di età – anziani, studenti – o perché single; è una città in cui ci sono 85mila persone che stanno cercando una casa e non l’hanno; insomma, è una città che ha una straordinaria vitalità, ma ha anche tante situazioni che ha bisogno di mettere a fuoco. Quindi aspetta sicuramente una parola di riferimento, un quadro di riferimento importante per i credenti in relazione alla propria fede, ma per tutti anche rispetto ad un cammino importante rispetto alla società. E’ una città che sta cercando di fare un cammino, di innestare una marcia in più, di essere anche un laboratorio di idee rispetto anche a come cercare nuove strade di sviluppo. Quindi è veramente un momento particolare quello in cui il Papa arriva.
D. – Che significato ha l’incontro con i cresimandi che si ritroveranno a San Siro per un appuntamento speciale con il Papa? Che messaggio si attendono dal Papa?
R. – Noi abbiamo tenuto molto a questo incontro: mons. De Scalzi, che è il presidente della Fondazione Milano Famiglie 2012, ha molto creduto in questo ed ha spinto su questo sin dall’inizio perché ci sembra bellissimo che il Papa incontri chi ha ricevuto la cresima o la deve ricevere, in quanto il Papa è colui che conferma nella fede, questo è il suo compito. E quindi, questi ragazzi che hanno appena ricevuto il sacramento della maturità cristiana o della conclusione dell’iniziazione, davvero trovano il sigillo più alto rispetto a questo. Però vuol dire anche incontrare ragazzi che poi devono decidere circa il loro cammino: in genere, finita la cresima, un po’ ci si disperde, i cammini dei pre-adolescenti e degli adolescenti si interrompono. Invece no, il messaggio dell’incontro con il Papa è “andare al largo con Pietro”, cioè andare al largo nella propria vita, partire da qui per trovare il proprio posto nella Chiesa e nella società come adolescenti e poi come giovani. Quindi vuol dire indirizzare uno sguardo al loro futuro anche in chiave di vocazione, andando al largo. E poi vuol dire incontrare anche le loro famiglie – o per lo meno i rappresentanti, perché non potranno venire tutti – e quindi vuol dire lanciare un grosso messaggio alle famiglie.
D. – Con quale criterio avete scelto le testimonianze, soprattutto quelle che arrivano dall’estero? E come si svolgerà la loro festa?
R. – Abbiamo vari tipi di testimonianze: ci saranno quelle innanzitutto durante il Congresso in cui ci sono 20 famiglie che vengono da tutto il mondo e che porteranno la loro testimonianza, magari anche solo con dieci minuti arricchendo i vari incontri del Congresso che sono 31. E poi c’è il momento culminante - che è la “Festa delle testimonianze” che comincia sabato alle 16.00, ma poi ha il momento culminante dalle 20.30 alle 21. 30 con il Santo Padre, in cui interverranno famiglie che sono state scelte per esprimere tutti e cinque i continenti. Per cui le famiglie hanno un ventaglio di provenienze geografiche che tocca tutti i continenti e che tocca anche, diciamo, alcune fasi differenti evolutive della famiglia, per cui ci sono famiglie più all’inizio, famiglie più a metà, famiglie nella loro maturità, in modo tale che si tocchino differenti stagioni della vita di una famiglia e poi, naturalmente, in cui si tengano in conto aspetti positivi, aspetti di lode, aspetti di ringraziamento, ma anche domande, questioni aperte su cui si vuole avere luce.
D. – Che spazio sarà riservato ai bambini che della famiglia sono anima fondamentale?
R. – Durante il Congresso, c’è anche il Congresso dei ragazzi cui hanno aderito 900 ragazzi, insieme ai loro genitori. Un Congresso per 900 ragazzi sul tema della famiglia credo che non sia mai stato fatto! Sono divisi in cinque fasce d’età dai 3 ai 17 anni, abbiamo tanti animatori, c’è un’équipe che sta lavorando da mesi su questo. Invece, rispetto agli altri eventi, noi invitiamo naturalmente i ragazzi ad andare alla “Festa delle testimonianze” e alla Messa con i loro genitori, proprio perché sia un momento da vivere, da condividere insieme. Quindi, è un po’ un duplice momento: il Congresso che si vive in parallelo e poi la sera ci si ritrova insieme, si discute e si condivide quanto vissuto e poi, invece, gli eventi culminanti da vivere assolutamente insieme.
D. – Cosa possiamo dire sul vasto “popolo dei volontari”?
R. – Questo è veramente un tesoro prezioso, perché sono 5.800 e noi ne attendevamo 5mila. Molti, naturalmente – 4mila circa – vengono dalla nostra diocesi, però vengono anche da tante nazioni del mondo, anche da altri continenti. Da tempo è iniziato un cammino di formazione con i team-leader e poi con tutti gli altri volontari. E’ una grande occasione, per loro, di incontrarsi tra loro e poi di mettersi alla prova anche su questa sfida, ma è anche un grandissimo segno di vitalità: per esempio, oltre il 40% di questi volontari ha meno di 25 anni, quindi comunque ci sono anche tanti giovani. Ed è un’occasione anche rispetto alla propria vocazione, perché uno viene interrogato su temi fondamentali e vive questo attraverso il servizio. Quindi io penso che sia una ricchezza, poi, anche per la diocesi, ma per tutte le parti del mondo: uno che ha fatto il volontario, che ha fatto un’esperienza così, non è uno che può tornare anonimo nella sua realtà, ma è uno che deve essere valorizzato – se non lo è già – ed è una ricchezza. Questa esperienza è un dono innanzitutto per lui/lei, per il suo cammino e per il suo percorso.
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Raffaella, per favore dai risalto all'intervento del Prof. Bruni a Milano.
RispondiEliminaE' stato straordinario!
Grazie
Ruggero