Due Papi tra gesti parole e
sguardi
ANDREA GAGLIARDUCCI
Tutto è
grande, ma intimo». È con un tratto rapidissimo di penna, uno schizzo, che
Massimo Sansolini, sediario pontificio, racconta quello che succede dopo la
morte di Giovanni Paolo II. I sediari pontifici sono coloro che fino a 34 anni
fa erano addetti a portare i Pontefici sulla sedia gestatoria. Oggi che la sedia
gestatoria non si usa più, i sediari sono comunque ancora accanto al Papa nelle
occasioni pubbliche. Sansolini racconta i suoi compiti in un libro, «Io, sediario pontificio» (Libreria Editrice Vaticana). Un libro che parte dai
funerali di Giovanni Paolo II e abbraccia gli incontri di Benedetto XVI con i
sofferenti. Un libro che è il seguito del suo lavoro precedente, in cui
descriveva gli incontri di Giovanni Paolo II con i sofferenti. Ne ha voluto
scrivere un altro per testimoniare che non c'è differenza tra i due pontefici.
Sansolini comincia schizzando lo scenario, racconta che "in Vaticano non si
usa il termine di piano, ma di loggia", e spiega che è dalla seconda loggia che
si arriva all'Appartamento Papale ufficiale. «Qui passano - scrive Sansolini - i
rappresentanti delle nazioni del mondo: capi di Stato, re e regine, presidenti,
primi ministri e ambasciatori, dignitari di ogni provenienza».
Ed ecco, alla
morte del Papa, tutto ciò che accade, "grande ma intimo", la salma traslata
prima nella cappella dell'appartamento privato, poi in Sala Clementina, dove
resta per due giorni, poi in Basilica di San Pietro. «Avevamo nella memoria
cerimonie analoghe - scrive Sansolini - ma soltanto parte di noi, perché i
nostri giovani non avevano sollevato né la Sedia Gestatoria, né la salma di un
Pontefice. Nemmeno il decano conosceva alcuna regola. Stava ai consigli di
alcuni di noi più anziani, tra i quali fui io a intervenire chiedendo
cortesemente l'attenzione di tutti».
Ogni gesto è importante, dentro le mura
vaticane. Ma ogni gesto è anche profondamente umano. E lo si vede negli incontri
del Papa con i sofferenti. Un episodio colpisce tra tutti. Un giovane
focomelico, presente in piazza San Pietro al raduno dei giovani ministranti,
vorrebbe avvicinarsi alla Jeep del Papa.
Sansolini se ne accorge e invece di
allontanarlo lo solleva affinché Benedetto XVI - che vedendo i malati spesso «si
sporge notevolmente e tende le mani» - possa abbracciarlo. «D'urgenza - e' il
racconto del sediario - chiedo l'autorizzazione ad agire al Reggente della Casa
Pontificia, quindi mi avvicino di sorpresa al giovane dicendo di togliersi il
cappello, lo invito ad alzarsi e sostenendolo per gli avambracci lo dirigo verso
l'auto del Papa, che sopraggiunge in quel momento. Il Pontefice lo carezza sui
capelli. Il giovane gli tende le braccia che il Papa stringe teneramente».
«L'amore del Papa non ha limiti», testimonia Sansolini che con discrezione
descrive gesti, parole e sguardi che Joseph Ratzinger regala ai sofferenti che
incontra ogni settimana.
© Copyright La Sicilia, 27 aprile
2012
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