sabato 28 aprile 2012

Domani il Papa ordina nove diaconi romani. Interviste con mons. Occhipinti e mons. Dal Molin (R.V.)


Domani il Papa ordina nove diaconi romani. Interviste con mons. Occhipinti e mons. Dal Molin


Benedetto XVI celebrerà domani la Santa Messa in San Pietro con l’ordinazione di nove seminaristi della diocesi di Roma. Concelebra con il Papa il cardinale vicario generale per la Diocesi di Roma, Agostino Vallini. Al microfono di Alessandro Gisotti, il rettore del Seminario Romano Maggiore, mons. Concetto Occhipinti, racconta come gli ordinandi si stanno preparando a questo momento fondamentale della loro vita: 

R. – Il primo pensiero va ai sette anni di seminario, tutti orientati a questo momento dell’ordinazione sacerdotale. In questi giorni di immediata preparazione, gli ordinandi stanno vivendo gli esercizi spirituali che li accompagnano alla vigilia dell’ordinazione stessa, quasi come suggello e come completamento di questo lungo percorso di formazione degli anni del seminario. Sono radunati insieme al cardinale vicario Agostino Vallini, che cura la predicazione degli esercizi, esprimendo loro un dono bello e di paternità. 

D. – Quali sono i suoi sentimenti nell’attesa che questi suoi seminaristi vengano ordinati dal Papa?

R. – Sono sentimenti di trepidazione e di grande gioia insieme. C’è la consapevolezza che questo dono prezioso viene posto in vasi di creta, cogliendo la suggestione dell’immagine paolina, e in quanto tale ha bisogno di essere custodito dalla preghiera e dalla carità della comunità cristiana. La gioia è poi grande pensando alla grazia, alla consolazione, alla speranza che attraverso i loro gesti sacerdotali potrà raggiungere tanti cuori. 

D. – Benedetto XVI ha mostrato fin dall’inizio del suo Pontificato, e anche ultimamente nell’udienza ai seminaristi romani, una grande attenzione per i sacerdoti. Quanto è sentita questa vicinanza del Santo Padre dagli ordinandi?

R. – Un seminarista che vive autenticamente il suo cammino formativo non può che maturare un grande amore per la figura, per la missione e per la persona del Santo Padre. I nostri seminaristi romani, ovviamente, hanno il dono di vivere una particolare vicinanza del Santo Padre, proprio in quanto loro vescovo, che è espressa concretamente, in modo particolare, nella visita al Seminario Romano, il suo seminario: il Santo Padre annualmente ci fa il dono di vivere questo momento nell’occasione della Festa della Madonna della Fiducia. Nella visita dello scorso 15 febbraio, durante il momento conviviale della cena, uno degli ordinandi – proprio don Alfredo – rivolgendo delle parole di saluto al Santo Padre, ricordava come l’inizio del loro cammino in seminario coincidesse con l’inizio del suo Pontificato, nel 2005: esprimendo così, attraverso anche questo particolare, la gioia di un legame importante. 

D. – Cosa augura a questi giovani, a questi ordinandi che si apprestano a consacrare totalmente la propria vita al Signore?

R. – L’augurio che, nella loro vita sacerdotale, preghiera e servizio possano essere due poli che si illuminano e si arricchiscono vicendevolmente nella circolarità della carità. Che abbiano l’umiltà e il coraggio di custodire quotidianamente il primato della preghiera, vissuta come spazio di intimità e di amicizia con il Signore, ricordando che Gesù chiamò i Dodici anzitutto perché stessero con Lui. E che possano vivere il nuovo ministero come esperienza ecclesiale ricca e coinvolgente, capace di accogliere i carismi dei fedeli loro affidati e di animare costantemente la comunione in una relazione serena ed aperta verso tutti. 

Proprio una riflessione sui giovani e l’amore verso la Chiesa è offerta da mons. Domenico Dal Molin, direttore del Centro nazionale vocazioni della Conferenza episcopale italiana, intervistato da Federico Piana: 

R. – La via che il Papa ci ha indicato è riscoprire la bellezza del dono dell’amore. Nel suo messaggio, il Papa cita Sant’Agostino: “Tardi ti amai bellezza, così antica e così nuova. Tardi ti amai…”. Queste parole stupende di Sant’Agostino sono, in realtà, una via straordinaria perché oggi riscoprire l’amore vuol dire mettersi fuori da una logica di individualismo, di relativismo e anche di narcisismo, ormai così diffusa. Credo che i giovani, di fronte al tema dell’amore, rimangano sempre affascinati. 

D. – Secondo lei, come mai tanti giovani pur sentendo la chiamata, non la corrispondono? Hanno timore, hanno paura?

R. – Io credo che il coraggio di seguire il Signore ci sia ancora nel cuore dei giovani: basta vedere le Gmg, anche l’ultima di Madrid, che rappresentano sempre una specie di impennata nei cammini vocazionali, che vengono poi proposti. Credo quindi che nel cuore del giovane la disponibilità ci sia: il famoso “duc in altum” di Giovanni Paolo II. Secondo me, c’è una cultura che evidentemente è come l’aria che noi respiriamo e che rende difficile ogni tipo di scelta. I giovani oggi faticano a vivere quel “per sempre”, quell’impegno duraturo, radicale, fedele, perché anche questo nella cultura viene molto relativizzato. Pur rimanendo l’attrazione, rimangono anche il dubbio e la paura di farcela.

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