Il Papa rientra a Roma e lancia un messaggio: Cuba si apra al mondo il mondo si apra a Cuba
Lasciando l'isola caraibica Ratzinger ha anche preso una netta posizione contro l'embargo Usa
Fausto Gasparroni
ROMA
Col suo tono apparentemente timido e dimesso, da anziano teologo uso più alle biblioteche che alle piazze inondate di folla, Benedetto XVI (rientrato ieri mattina a Roma accolto dal ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri) nel suo viaggio a Messico a Cuba ha lanciato messaggi che lasceranno il segno, ben oltre i confini dei due Paesi visitati: la sua sfida alle contrapposizioni che dividono il mondo, alle «posizioni inamovibili», ai «punti di vista unilaterali» che vanificano gli sforzi di intesa e collaborazione, non potrà essere recepita come il semplice auspicio di un capo religioso.
Quattordici anni dopo la storica visita di Wojtyla sull'isola castrista e il celebre appello «Cuba si apra al mondo, il mondo si apra a Cuba», Ratzinger ha lasciato nel diario di questo viaggio messaggi di non minore portata politica globale, avvertendo anch'egli che «Cuba ed il mondo hanno bisogno di cambiamenti». Cambiamenti che devono riguardare in primo luogo una maggiore libertà, in particolare religiosa, nella roccaforte comunista: ma Ratzinger, congedandosi mercoledì da Cuba, ha preso anche una netta posizione contro l'embargo Usa, contro le «misure economiche restrittive imposte dal di fuori del Paese» che «pesano negativamente sulla popolazione», e «aggravano» situazioni di «carenza di mezzi materiali».
Una chiara condanna a chi dall'esterno contribuisce a tenere una popolazione allo stremo, senza peraltro risultati politici apprezzabili, che non farà piacere a Washington.
Resta la casella vuota del mancato incontro con i dissidenti (a molti dei quali l'altro ieri è stato anche impedito di assistere alla messa alla Plaza de la Revolucion), ma Ratzinger non ha mancato, parlando dal suo pulpito religioso, di fare riferimento al dramma dei detenuti politici e delle "damas de blanco", quando davanti alla Madonna del Cobre, patrona di Cuba della quale si festeggia l'anno giubilare a 400 anni dal ritrovamento, ha pregato per «coloro che sono privi della libertà, lontani dalle persone care».
Una delle frasi-simbolo del passaggio del Papa sulla "isla hermosa", salutata alla fine con un «Hasta siempre, Cuba», sarà anche il richiamo a che «Cuba sia la casa di tutti e per tutti i cubani, dove convivano la giustizia e la libertà, in un clima di serena fraternità».
Mentre l'icona della visita, oltre alla stretta di mano con Raul Castro che ha accolto il Papa al Palacio de la Revolucion con gli onori riservati a un leader mondiale, è ancora una volta l'incontro col "lider maximo" Fidel, ormai vecchio e indebolito dalla malattia, che però stavolta con Ratzinger ha preferito soffermarsi su temi spirituali.
Anche in Messico Benedetto XVI, travolto dal calore e dall'entusiasmo di masse di fedeli, ha toccato temi fondamentali per il Paese e per tutta l'America Latina, come la povertà, la lotta all'esclusione sociale, richiamando tutti i vescovi a stare dalla parte degli emarginati, e soprattutto il contrasto alla dilagante criminalità, che semina morti in una ininterrotta scia di sangue. L'incontro con otto familiari delle vittime dei "narcos", voluto a sorpresa dal presidente Felipe Calderon, resterà anch'esso tra i momenti significativi di «un viaggio riuscito», ha scritto ieri il direttore Gian Maria Vian sull'Osservatore Romano, «anzi, per usare l'aggettivo riservato dal Papa a quello del suo predecessore nell'isola caraibica, anch'esso già storico».
© Copyright Gazzetta del sud, 30 marzo 2012
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