martedì 7 febbraio 2012

Simposio, Marie Collins (vittima irlandese): il Papa muove il cambiamento della Chiesa. Prof. Sheila Hollins: se non creduta, la vittima di un prete non può guarire (Izzo)

PEDOFILIA: VITTIMA IRLANDESE, IL PAPA MUOVE CAMBIAMENTO CHIESA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 7 feb.

"Benedetto XVI e' stato il primo a dare l'esempio mettendosi lui stesso in ascolto delle vittime".
Lo ha affermato la signora Marie Collins, che da bambina e' stata violentata da un prete in Irlanda, come ha raccontato oggi ai vescovi e ai superiori religiosi riuniti alla Gregoriana per il simposio "Verso la guarigione e il rinnovamento".
La signora Collins ha sottolineato quanto sia "importante per le vittime essere ascoltate, considerando comunque che la vittima puo' arrivare a confessare di aver subito un abuso anche dopo molto tempo".
"Ed e' importante - ha osservato - che i colpevoli chiedano perdono e la Chiesa chieda perdono per non aver protetto i bambini, il Papa lo ha fatto, i vescovi seguano il Papa. Sta poi alle vittime decidere se concedere o no questo perdono".
Incontrando i giornalisti dopo il suo intervento in aula, la signora Collins ha confidato quanto sia stato "difficile" oggi prendere la parola di fronte ad una platea dove e' rappresentata "la leadership della Chiesa di tutto mondo". Ma ha assicurato che ne e' stata comunque "felice". Ora quello che ha piu' a cuore, ha assicurato la signora irlandese, e' il futuro e la volonta' da parte della Chiesa di garantire la massima "protezione dei bambini".
Per questo motivo dice di guardare al simposio come ad una iniziativa "positiva". Sulle iniziative per la prevenzione che la Chiesa deve mettere in campo e' intervenuta la psichiatra e psicoterapeuta Sheila Hollins, secondo la quale ci sono alcuni aspetti che rendono piu' vulnerabili all'abuso.
Ad esempio, "le esortazioni ad evitare le persone estranee, ma non accompagnate da spiegazioni su quello che l'estraneo possa fare non sono generalmente di aiuto, non da ultimo perche' gli abusi e le violenze carnali da parte di estranei sono molto rari.
La maggioranza degli abusi viene commessa da qualcuno gia' presente nella famiglia e nel circolo delle amicizie. Questo e' generalmente un adulto: talvolta piu' grosso, piu' forte o in una posizione di autorita' come un genitore, un fratello o, piu' di raro, un insegnante o un prete".

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PEDOFILIA: SE NON CREDUTA, LA VITTIMA DI UN PRETE NON PUO' GUARIRE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 7 feb.

"Il non essere creduti o, ancora peggio, l'essere incolpati per l'abuso contribuiscono moltissimo alla sofferenza causata dall'abuso sessuale, come la mancata ammissione della propria colpevolezza da parte di un autore di abusi o l'omissione da parte dei suoi superiori nell'intraprendere un'azione appropriata possono aggravare ulteriormente il danno".
La professoressa Sheila Hollins, psichiatra e psicoterapeuta, lo ha spiegato a una platea di vescovi (rappresentanti di ben 110 Conferenze Episcopali) e superiori religiosi di tutto il mondo, riunti a Roma per il simposio internazionale "Verso la guarigione e il rinnovamento", che si propone di rispondere alle sollecitazionid Benedetto XVI per trovare una "soluzione globale" a questo problema.
"Il fatto che colui che abusava di me fosse un prete, aumento' la grande confusione che avevo in testa". L'affermazione fatta dallo stupratore "di essere un prete e che quindi non poteva fare nulla di male mi sembrava vera", ha testimoniato Marie Colins, la signora irlandese intervenuta a nome delle vittime.
"Questo - ha rivelato - non faceva che aumentare il mio senso di colpa e la convinzione che quanto era avvenuto era colpa mia, non sua. Quando lasciai l'ospedale non ero piu' una bambina fiduciosa, spensierata e felice. Mi ero convinta di essere una persona cattiva e di aver bisogno di nasconderlo a tutti".
"Nella mia esperienza - ha evidenziato da parte sua la professoressa Hollins - la mancanza di un'ammissione di colpa e di scuse e' di solito il principale ostacolo al risanamento e alla guarigione. Da persona di fede, credo molto nel potere del perdono come agente di guarigione. Ma il perdono raramente viene raggiunto senza la confessione e la riparazione". La giustizia e' dunque "una necessita' per le vittime degli abusi sessuali del clero".
In realta', "l'essere creduti ha di per se' un potere di guarigione, specialmente se associato con un'ammissione di colpa o responsabilita' e ancora di piu' se c'e' un tentativo di riparazione". Ma questo tipo di giustizia e' solo l'inizio. Nel caso di abuso subito da un prete, rispetto agli stupri sui minori perpetrati in famiglia o in altri ambienti educativi, "vi e' un'ulteriore stratificazione di fiducia e deferenza, che rende ancora piu' difficile la rivelazione dell'abuso". "La guarigione - ha spiegato la psichiatra a vescovi e superiori religiosi - e' un processo lento e alcuni non guariranno mai del tutto per un abuso cosi' profondo di potere e fiducia subito quando erano piu' vulnerabili, specialmente se chi ha commesso l'abuso era un prete. Un'assistenza continua, l'amicizia e la disponibilita' ad ascoltare ripetutamente la rabbia e la fragilita' rimaste richiederanno una considerevole pazienza".
Tutte "teorie" che la signora Collins ha confermato con il racconto commovente della sua sofferenza di vittima di un prete.
"Ho iniziato a guarire a 47 anni - ha detto rivelando di aver atteso a denunciare i fatti per oltre 30 anni, essendo stata stuprata da un sacerdote quando ne aveva 13 ed era ricoverata in ospedale - il giorno in cui il mio violentatore ha riconosciuto davanti al giudice la propria responsabilita"'.
"E' stato importante per me oggi parlare davanti ai vescovi ed essere ascoltata da loro, anche se e' stato difficile, sono contenta di averlo fatto", ha spiegato la signora Collins, che oggi ha 63 anni, rivelando che "solo con l'arresto e la confessione del suo aggressore, ha iniziato a superare i disturbi psicologici".
"Anche se mi e' costata non poca fatica, sono certa - ha aggiunto rivolta a vescovi e superiori religiosi - che ho fatto bene ad essere qui oggi, a parlare e ad essere ascoltata; il mio scopo e' proteggere il futuro dei bambini, visto che per il passato non possiamo fare niente; avverto oggi una consapevolezza nuova nella Chiesa, voglio contribuire a questo cammino".
"E' stata una presentazione molto commovente, l'emozione era forte e la gente era commossa", ha commentato con i giornalisti monsignor Stephen Rossetti, decano del programmi ministeriali per i seminari dell'Universita' Cattolica di Washington, per il quale anche se la Chiesa ha i propri "tempi" e serve un "processo lungo la Chiesa ha imboccato la sua strada, il cammino procedera'".

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