sabato 21 gennaio 2012

Al carcere di Rebibbia la premiazione dei presepi dei detenuti, nel ricordo della visita del Papa (R.V.)

Al carcere di Rebibbia la premiazione dei presepi dei detenuti, nel ricordo della visita del Papa

Dove c’è un detenuto, lì c’è Cristo. Queste parole pronunciate da Benedetto XVI nel carcere romano di Rebibbia, il 18 dicembre scorso, continuano a risuonare nel cuore dei detenuti. E a poco più di un mese dalla visita del Papa, i carcerati hanno vissuto oggi la premiazione del concorso dei Presepi, ideati e realizzati da loro. A seguire la premiazione, c’era il nostro inviato, Davide Dionisi:

È ancora forte il ricordo della visita di Papa Benedetto XVI qui a Rebibbia e gli ospiti della Casa Circondariale romana continuano a parlarne e a rievocare i momenti più belli. Il ringraziamento per quell'abbraccio che il Santo Padre ha voluto riservare loro prosegue attraverso diverse forme e testimonianze. Tra queste anche il concorso dei presepi che ha visto protagonisti 44 detenuti, cimentatisi in questa antica arte. Sei le rappresentazioni in gara, compresa quella proveniente dal carcere di Civitavecchia che quest'anno ha voluto partecipare con un'opera tutta sua. Alla fine, l'ha spuntata la rappresentazione del "camerone" – così la chiamano da queste parti – ovvero la cella dove vivono i 6 o i 9 detenuti costretti a condividere uno spazio davvero angusto. Al direttore della sezione penale, Stefano Ricca, abbiamo chiesto cosa vuol dire realizzare un presepe con i limitati mezzi a disposizione in un luogo come questo:

R. – Il carcere è il luogo nel quale veramente si assiste alla massima espressione dell’inventiva, della creatività dell’essere umano, perché con mezzi inesistenti, ridottissimi, si riesce a realizzare delle opere che richiederebbero ben altre attrezzature per poterle costruire, come nel caso specifico dei presepi.

D. – Parliamo della visita del Papa. Come è stato vissuto quell’evento da chi non ha potuto prendere parte a quell’incontro, seppure a poche centinaia di metri di distanza?

R. – E’ stato certamente vissuto con grande attenzione, perché ci si è resi conto che il Santo Padre, attraverso la sua presenza fisica all’interno di un istituto penitenziario, ha voluto proprio affermare con forza, con la fisicità della presenza l’interesse, la vicinanza, la solidarietà, la fratellanza, che in qualche maniera ha voluto esprimere al mondo del penitenziario. Sono convinto che la solidarietà espressa dal Pontefice sicuramente sia andata in primis alle persone detenute, ma certamente il Santo Padre ha voluto anche essere vicino al personale penitenziario il quale, anche in gravissime condizioni di sofferenza, di organico, continua ad assicurare tutti quei servizi che rendono la detenzione più sopportabile, soprattutto in un momento caratterizzato, come quello presente, da un forte sovraffollamento delle strutture penitenziarie. (ap)

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